Non penso che la casa sia un posto, penso che sia un progetto di placemaking. Casa è la pratica di placemaking: chi sono i praticanti? Tu, le persone attorno a te, l’attivismo microbico dentro di te, l’ideologia che vortica attorno, un parlamento di voci e agentività aliene che rendono possibile o impossibile la casa. Non è mai un progetto esclusivamente umano, ma un assemblato ‘noi’ assieme.
Ecco perché abbiamo i riti di passaggio. Ecco perché un ragazzo masai in Kenia si inoltrerebbe nelle terre selvagge della savana per affrontare una bestia, un leone. E nel riportare indietro la criniera e la pelle del leone gli sarebbe concesso di diventare un uomo.
La questione della casa è sempre da posporre. Possiamo parlare di casa solo in retrospettiva, credo. È una domanda irrispondibile: il rituale che ho deciso di eseguire per rispondere alla domanda sulla casa è l’incompleto, il mai finito, è un non-fatto. E vorrei puntualizzare la questione dell’incompletezza: ovvero che la casa è posposta, possiamo solo guardare indietro alla casa.
In questi tempi, penso che l’incompletezza diventi un diverso progetto di homemaking. La modernità è la promessa della completezza e del compimento. È la promessa che dice: guarda, questi sono i confini, quelle sono le terre selvagge e questa è la città; tu sei cittadino, hai il passaporto, hai un’identità, hai un lavoro e dei soldi. Sei completo e questa è casa.
È un progetto di terraformazione del pianeta, è un modo di fare casa e ciò che manca a questo progetto è che non manca nulla: all’improvviso, questa idea di completamento diventa tossica di per sé.
Perciò, l’invito di una ‘casa’, soprattutto quello prodotto e secreto come feromoni da una scia di formiche, è desiderare aperture, porosità; è dire che forse casa non può essere completata e che l’unico modo per rispondere alla questione-casa è intraprendere modesti progetti domestici di riassemblaggio dei nostri corpi in connessione con il mondo intorno a noi.
È piuttosto un rituale che riunisce memoria, desiderio e perdita, possibilità, speranza e disperazione nelle conessioni reticolari del divenire.
Bayo Akomolafe